I.M.A.M. Ro.41

L'addestratore acrobatico, e non solo, della Regia Aeronautica

di Achille Vigna

Dalla seconda metà degli anni Trenta all’immediato dopoguerra il piccolo e tozzo biplano realizzato dall’ ing. Giovanni Galasso direttore tecnico presso la ditta napoletana dell’ingegner Nicola Romeo formò un’intera generazione di piloti militari. Le sue ottime doti di volo lo collocarono non solo al primo posto tra gli addestratori avanzati, ma gli permisero anche di trovare saltuario impiego in prima linea nei reparti da caccia e d’assalto della Regia Aeronautica.

1Nel 1929 la Sezione Aeronautica Aeroplani Romeo annessa alle Officine Ferroviarie Meridionali di Napoli era in stato di crisi a causa delle gravi condizioni di salute del suo capo progettista, l’ing.Alessandro Tonini. Divorato dalla tisi, l’eclettico e geniale Tonini non era ormai più in grado di ricoprire una carica tanto impegnativa (1) ed al suo posto venne chiamato l’ing. Giovanni Galasso che varò nuovi programmi di sviluppo impostando una propria linea progettuale inizialmente dedicata ad apparecchi da addestramento.
Non proprio innovativi nel loro complesso, ma caratterizzati da buone doti di volo, i velivoli di Galasso non avevano molto da invidiare ai pariclasse coevi ma la situazione dell’azienda evolveva verso nuovi sviluppi che ne affossarono il successo.
Proprietario del grande complesso delle O.F.M. era l’ing. Nicola Romeo, senatore del Regno e personalità di spicco nel mondo industriale dell’epoca, il cui intento era ormai quello di ritirarsi a vita privata attuando un graduale disimpegno dall’attività imprenditoriale (2).
Per tale motivo, nel 1933 l’ing. Romeo separò la Sezione Aeronautica dalle O.F.M. e costituì una società a sè stante con la  ragione cociale di “Industrie  Aeronautiche

Romeo S.A.” cedendo consistenti quote azionarie all’imprenditore Giuseppe Frua De Angeli, proprietario della Breda, con la previsione di un successivo totale accorpamento nel gruppo industriale che faceva capo alla società di Sesto San Giovanni.
Essendo la I.A.R. ormai entrata nella sfera dell’azienda che produceva l’addestratore Breda 25, la linea dei velivoli scuola di Galasso venne abbandonata e i relativi apparecchi rimasero prototipi. Il direttore tecnico mantenne comunque il proprio posto, ma venne affiancato da nuovo personale (verosimilmente collocato dai futuri proprietari) col quale fu impostato un nuovo programma progettuale che annoverò aerei importanti come i ricognitori Ro.37 e Ro.43, il caccia leggero Ro.41 e l’idrocaccia Ro.44.
Con tale proposito, alquanto ambizioso in realtà, era stato infatti concepito quel piccolo biplano e nell’ ambito di questa classificazione gli vennero assegnate le matricole militari. Solo nel 1942, a partire dalla XIV serie, avrà matricole del gruppo 50000 destinato agli aerei scuola pur essendo ovvio fin dal 1936 l’intento di utilizzarlo anche in ruoli più verosimili concernenti l’allenamento acrobatico o l’addestramento avanzato.

Note:  (1) Lasciato il lavoro,  Tonini si spense in una clinica svizzera il 12 novembre 1932. (2) Anche l’ing. Romeo abbandonò la propria attività per motivi di salute; morì a Magreglio (Como) il 5 agosto 1938. Per il rispetto e il carisma di cui godeva, anche dopo il passaggio della sua industria nel Gruppo Breda i relativi apparecchi mantennero la sigla Ro, per Romeo, in sua memoria.

Immagine in apertura: Ro.41 in servizio presso la 98ªSquadriglia del 7°Gruppo Assalto (5°Stormo), unità equipaggiata col biplano I.M.A.M. dal 1936 in attesa dell’assegnazione dei velivoli espressamente concepiti per la specialità d’appartenenza. (Archivio SMA)

In alto: Il primo prototipo del Ro.41 effettuò il primo volo a Capodichino con Nicolò Lana il 16 giugno 1934. Dotato di un radiale Piaggio P.VII C.2 i cui collettori di scarico erano posizionati davanti alla carenatura, è qui ripreso a Guidonia dove probabilmente andò distrutto per un incidente ancor prima dell’assunzione in carico da parte della Regia Aeronautica. A lato: Il secondo prototipo del Ro.41 esordì il 31 gennaio 1935 ancora dotato di uno stellare Piaggio P.VII di versione sconosciuta con elica in legno a passo fisso. Venne assunto in carico con la MM.281. Sin dai primi voli l’apparecchio si era rivelato  corretto aerodinamicamente  e dotato di ottime caratteristiche generali. Solo in quota il comportamento  non era soddisfacente perché penalizzato da una potenza inadeguata.

2 Pilotato dal collaudatore Nicolò Lana, il prototipo volò per la prima volta a Capodichino il 16 giugno 1934 spinto da un radiale Piaggio P.VII C.2 (3) azionante elica bipala in legno. Il biplanino si dimostrò subito ben centrato e privo di anomalie, rivelando eccezionali doti acrobatiche e una velocità di salita addirittura superiore a quella del CR.32, ma andò distrutto poco dopo in un incidente.
Venne perciò approntato un secondo prototipo che esordì il 31 gennaio 1935 e venne assunto in carico dalla Regia Aeronautica con la MM.281. Si differenziava dal precedente per l’adozione di una ulteriore versione del P.VII, sempre con elica in legno. Tuttavia, pur confermando le ottime doti acrobatiche, il Ro.41 tardò ad affermarsi a causa dello scarso rendimento in quota. Infatti, le prove di accettazione da parte dei piloti militari vennero superate non appena si rese disponibile il P.VII C.45 dotato di un compressore a due stadi che consentiva l’erogazione di 390 CV a 4500 m..  Fu anche

l’elemento che permise al Ro.41 di esserepreferito ad un competitore designato MF.7 offerto dalla C.M.A.S.A. su progetto dell’ing.Manlio Stiavelli: un biplano del tutto sconosciuto il cui unico prototipo non andò oltre la fase sperimentale.
Si era ormai alla metà degli anni trenta quando in molte forze aeree stavano entrando in linea monoplani da caccia con motori in linea di oltre 900 CV mentre la ditta napoletana patrocinava invece un piccolo biplano dalla fisionomia incerta, spinto da un propulsore la cui potenza, pienamente adeguata al peso, non superava i 400 CV in quota, con la velleità di adibirlo “alla difesa aerea dei grandi centri demografici e industriali e al servizio di perlustrazione e di vigilanza sulle linee” (4). In ogni caso, pur sussistendo la piena consapevolezza di una effettiva destinazione a ruoli meno impegnativi, i Ro.41 (ovviamente monoposto) eseguiranno missioni operative ben cinque anni dopo, quando l’abisso che li separava dallo standard coevo era ormai, a dir poco, incolmabile.

Note (3) Catalogo A.N.I.M.A., del Gruppo Costruttori di Aeromobili e Motori d’Aviazione, edito in occasione delle Esposizioni Aeronautiche di Bruxelles e di Milano  Aprile 1935 XIII  Novembre 1935 XIV. Il Piaggio P.VII era in realtà il Gnome-Rhone 7K Titan Major costruito su licenza dalla ditta di Pontedera, ma rivisto sul piano progettuale dall’ing.Renzo Spolti. La variante C2, probabilmente realizzata appositamente per il Ro.41 e caratterizzata da un collettore di scarico anulare situato di fronte alla carenatura (subito dietro l’elica) e non dietro ai cilindri, si dimostrò insufficiente nel rendimento in quota per cui vennero ideate altre varianti tra cui, come si vedrà più avanti, quella designata C.45 dotata di compressore a due stadi che risolse il problema in via definitiva. (4) Catalogo A.N.I.M.A. cit.  V. Nota 3

Capodichino, Luglio 1936. Due immagini del primo esemplare di produzione MM.2907, testa di serie della commessa iniziale per 50 esemplari (MM.2907-2956). Venne dato corso all’ordinazione non appena si rese disponibile il P.VII C.45 il cui compressore a due stadi consentiva l’erogazione di 390 cv alla quota di 4500 metri. Tra le differenze, rispetto al secondo prototipo, l’elica metallica a passo variabile a terra, una modifica all’attacco della carenatura “Magni” del P.VII e i grossi collettori di scarico fuoriuscenti dalla zona inferiore.

A lato: Sviluppato nel 1936, Il Ro.41B era la versione biposto in tandem a doppio comando dove l’allievo occupava di norma l’abitacolo anteriore. A questa variante venne interamente destinata la seconda commessa di 30 esemplari MM.3240-3269, le cui consegne iniziarono nel luglio 1937.Nella foto, il terzo esemplare di produzione MM.3242.

3 La produzione in serie si materializzò nel 1936 con un primo ordine di 50 esemplari (I serie: MM.29072956). Le consegne, cominciate a luglio, furono in maggior parte destinate ai reparti operativi dove a quell’epoca si completava l’addestramento dei neobrevettati, anzichè alle scuole.
Il favore con cui vennero accolti quei primi Ro.41 fu tale che tutte le unità ne vollero. Talune poi lo ebbero in dotazione quale assegnazione transitoria, una fase che in certi casi durò anni, protraendosi addirittura oltre il 1940.
La configurazione operativa era ovviamente quella da caccia, il cui armamento era composto da due mitragliatrici BredaSAFAT da 7,7 mm all’interno del muso, sincronizzate, le cui volate passavano tra i cilindri.
Il 26 settembre di quell’anno, intanto, com’era nelle previsioni dell’ing.Romeo, l’intero pacchetto azionario della I.A.R. passò nelle mani dei FruaDe Angeli e la ditta partenopea entrò integralmente a far parte del Gruppo Breda con la nuova ragione sociale: “Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali” (I.M.A.M.).
Nel corso dell’ impiego presso i reparti erano emerse le ottime doti formative del biplanino. Questo elemento determinò l’elaborazione di una versione biposto (Ro.41B), cui venne destinata la commessa successiva di 30 apparecchi (MM.32403269) dotata dello stesso propulsore; il relativo caposerie volò, sempre col collaudatore Lana, nel luglio 1937.

Il Ro.41B non possedeva doti acrobatiche simili a quelle del monoposto causa l’arretramento del baricentro dovuto all’allungamento della fusoliera (cm 34) resosi necessario dalla particolare conformazione dell’ala superiore. Si rivelò comunque la dotazione ideale per le scuole di II periodo, la cui istituzione era ormai imminente, sia presso nuovi aeroporti, sia presso alcune sedi in cui già funzionava la fase iniziale.
Di conseguenza le ordinazioni dei Ro.41 delle due versioni si moltiplicarono fino a raggiungere i 330 esemplari (264 monoposto e 66 biposto), rendendo necessario estendere la produzione a due ditte licenziatarie: la Costruzioni Aeronautiche Giovanni Agusta di Cascina Costa e la Avio Industrie Stabiensi (AV.I.S.) di Castellammare di Stabia, con la previsione di assegnare 10 monoposto ciascuna alle 8 scuole di II periodo in formazione, 36 alla Scuola di Capua (della Regia Accademia Aeronautica), 7 ad ogni gruppo caccia o assalto; 12 alla 163ª Squadriglia in dotazione transitoria. Quanto ai biposto, due ad ogni scuola, 6 a Capua e 2 ciascuno ai gruppi di cui sopra (5).
Ventotto esemplari vennero inviati in Spagna. Coi primi tre, arrivati prima del febbraio 1937, venne formata una Sezione Allarme di Siviglia con compiti di intercettazione; gli altri fecero una breve comparsa presso le unità da caccia e da ricognizione, poi vennero per lo più assegnati alla Esquela de Caza di Reus.

Note:  (5) E.Brotzu, G.Cosolo, Dimensione Cielo, vol.10. Roma, Edizioni dell’Ateneo e Bizzarri, 1977.

In alto: Un esemplare della 394ªSquadriglia cappottato a Tirana nel 1940 causa le condizioni del campo e le carenature alle ruote. Incidenti di questo tipo, piuttosto frequenti, determinarono quasi ovunque la rimozione delle carenature. A lato: Presso il 160°Gruppo Autonomo Caccia Terrestre (393ª, 394ª Sq.) di base in Albania, il Ro.41 costituì un utile compendio ai CR.32 colmando anche i vuoti in attesa delle consegne. Qui sopra una coppia ripresa in volo durante l’attività operativa. La mancanza dei codici di fusoliera, sottolinea l’urgenza con cui il biplano I.M.A.M. venne immesso in servizio.

A lato: Marizza, 1940. Il tenente Giulio Picone accanto a ciò che resta del suo Ro.41 dopo un incidente durante il servizio svolto presso la presso la 163ª Squadriglia Autonoma C.T. di base a Rodi. Il biplanino I.M.A.M. venne mantenuto in servizio in quella sede anche nel periodo bellico, almeno per tutto il periodo in cui l’unità rimase autonoma, ovvero fino al l’11 giugno 1941, data di costituzione del 161°Gruppo.

A lato: Un Ro.41 biposto probabilmente appartenente al 50°Stormo Assalto, abbandonato ai margini del campo di BengasiK1 durante l’offensiva britannica del dicembre 1940. In agosto, alcuni della 159ªSquadriglia (12°Gruppo) furono impiegati a TobrukT2 come caccia notturni.

In alto: I primi tre Ro-41 inviati in Spagna equipaggiarono una Sezione Allarme di Siviglia, unità che  sfruttava l’ottimo rateo di salita del biplano. Qui un esemplare con il numero individuale 3 ma ancora privo del numero tipo 7 che gli verrà assegnato poco dopo. In basso a sinistra: Durante le operazioni militari in Spagna, per via della sua primaria destinazione alla caccia, il Ro.41 venne inizialmente codificato col n.7. Quelli giunti più tardi, adibiti all’addestramento, ebbero il n.37. Nella foto, il 725 e il 721 probabilmente a Tablada, nel 1937. In basso a destra: Per le riprese di un cortometraggio di propaganda girato presso le unità da caccia dell’Aviazione Legionaria venne utilizzato un Ro.41 per interpretare la parte del caccia nemico Polikarpov I15 al quale il biplano I.M.A.M. superficialmente somigliava per via dell’ala superiore a gabbiano. Ovviamente nessuno scampo per il “nemico” che verrà inesorabilmente abbattuto dai CR.32 legionari.

4Quanto all’attività operativa nella Regia Aeronautica, le quantità più consistenti andarono alla 5ª Brigata aerea d’Assalto del colonnello Amedeo Mecozzi, formata dagli stormi 5° e 50° con sede a Ciampino Sud, i cui gruppi di volo, a partire dalla metà del 1936, ebbero intere squadriglie su Ro.41, prima di acquisire i Breda 65 e i Breda 88. Ricordiamo in particolare la 98ªSquadriglia del 7°Gruppo, la 101ª del 19°Gruppo (5°Stormo), le tre squadriglie 167ª,168ª e 169ª del 16°Gruppo (50°Stormo).

La 163ª Squadriglia, costituita nel 1935 a Ciampino Sud presso presso il 7°Gruppo, venne trasferita in Egeo dal successivo 1° dicembre e operò lungamente da Rodi con il Ro.41 quale unità autonoma anche dopo l’assegnazione dei Cr.32, per buona parte del 1940. Costituitosi a Tirana in occasione dell’occupazione dell’Albania nell’aprile 1939, il 160° Gruppo Autonomo (393ªSquadriglia su CR.32 e 394ª su CR.42), ne ebbe 12 in dotazione (6 per squadriglia) che saltuariamente effettuarono crociere di protezione sui confini e sulla costa prima dell’attacco italiano alla Grecia.

Ciampino Sud, 17 ottobre 1936. Una delegazione di alti ufficiali della Luftwaffe tra i quali i generali Ernst Udet ed Erhard Milch, visita gli stormi 5° e 50° Assalto: assieme agli altri velivoli in dotazione a tali unità sono schierati anche i Ro.41 nuovi di fabbrica appena consegnati e quindi ancora privi della numerazione di reparto.

Assegnati dall’ottobre 1936 assieme ad aliquote di CR.32, i Ro.41 prestarono servizio nel 5°Stormo Assalto che li tenne in carico a lungo. Apprezzati per le loro gradevoli doti di volo, furono rimpianti dai piloti dopo le consegne dei Breda 65 e del poco amato e ben più impegnativo Breda 88. Qui altre immagini riprese nel 1937 a Ciampino Sud degli esemplari appartenenti alla 98ªSquadriglia del VII Gruppo che ne fu quasi interamente dotata per oltre un biennio. A bordo del 98-8 il Tenente Pilota Giuseppe “Pino” Boni.

5Dal 10 agosto 1940, 4 Ro.41 della 159ªSquadriglia del 50°Stormo Assalto (12°Gruppo) furono utilizzati a TobrukT.2 addirittura per compiti di caccia notturna (6) , ma sussistono altri casi di attività di prima linea svolti da esemplari isolati o a coppie, specie nei mesi immediatamente antecedenti il conflitto. Nelle retrovie la vita operativa dell’ addestratore Romeo fu ancora più intensa. Bramato e conteso da scuole e reparti fu sottoposto ad un superlavoro tale da rendere necessaria la prosecuzione delle commesse anche a causa dei numerosi esemplari radiati perchè fuori uso per semplice usura o per i frequentissimi incidenti (dovuti al particolare tipo di impiego cui era precipuamente destinato), anche se, a conflitto inoltrato, una parte dell’addestramento avanzato venne assorbita dal  Nardi FN.305, un moderno monoplano ad ala bassa il cui carrello retrattile ed il maggior carico alare lo rendevano assai più idoneo alle fasi conclusive anche percé meno propenso a perdonare errori di manovra. Nel 1937 fu valutata la  possibilità di “caricare” maggiormente l’apparecchio

 e a tale scopo venne elaborato un Ro.41 con minore superficie alare (Ro.41bis), ma lo sviluppo del tipo “ridotto” rimase confinato ad un solo esemplare perchè simile al CR.32 già in carico alle scuole.
Causa la sua particolare impostazione, il biplano di Galasso non si prestò allo sviluppo di ulteriori versioni. Nel settembre 1938 L’MM.3786 fu imbarcato sulla motonave Neptunia per la presentazione in Brasile e in Uruguay (7) ma l’iniziativa non originò commesse d’esportazione. L’unica forza aerea straniera che ne venne dotata fu quella ungherese.
L’incremento e l’accresciuta operatività delle scuole di II periodo nonchè l’articolazione di molte altre nelle due fasi addestrative rese necessaria la restituzione degli esemplari già assegnati alle unità di linea per ridistribuirli alle istituzioni didattiche. Ma anche dopo l’esecuzione di questa fase rimase l’esigenza di nuovi, ulteriori esemplari, per cui le commesse si susseguirono fino alla metà del 1943 raggiungendo i 728 esemplari.

Note:  (6) E.Brotzu, G.Cosolo, op.cit.  (7) A.Curami, G.Gambarini. Catalogo delle Matricole Militari della Regia Aeronautica. Milano, 1992. Dispensa fuori commercio realizzata a cura degli autori.

I due stormi da Assalto furono tra i primi reparti che ebbero in dotazione il Ro.41 e lo mantennero a lungo in servizio, anche dopo l’assegnazione dei velivoli espressamente concepiti per tale specialità, nuova per l’epoca. Nelle foto, due esemplari del 50°Stormo appartenenti alla 165ªSquadriglia (12°Gruppo) e alla 167ª(16°Gruppo).

Uno dei Ro.41 in dotazione alla 101ªSquadriglia del XIX Gruppo Assalto. E’ il velivolo assegnato al comandante, come risulta dal guidone triangolare sulla fascia bianca mentre le dimensioni della stessa e la presenza di altre fasce sull’estradosso alare relegano il velivolo a mansioni eminentemente addestrative.

In alto: Un biposto Ro.41B  in servizio presso l’aviazione militare ungherese.

A lato: Gli apparecchi in servizio nelle scuole conservarono il tricolore in coda anche durante la guerra. La presenza della croce bianca, come appare in questo monoposto della scuola di Frosinone fotografato nel 1942, identifica uno dei velivoli già in carico ad unità di prima linea e poi restituito.

A lato: Un Ro.41 in dotazione al 1° N.A.S. (Nucleo Addestramento Siluranti) di Gorizia nel 1943. L’esemplare è dotato di ruote di minore diametro, applicate solo nelle ultime serie, presumibilmente a partire dalla XIV. Si noti la presenza dei parafanghi.

6Nel corso della lunga attività, oltre a piccole noie legate a trascurabili inconvenienti di natura strutturale, spesso risolti a livello di reparto, il Ro.41 ebbe un unico vero problema legato all’incostante rendimento del motore Piaggio, la cui potenza era spesso al di sotto di quella dichiarata, penalizzando le doti del velivolo. I cosiddetti “cavalli stanchi” del Piaggio erano tuttavia un inconveniente ben noto, scontato e… addirittura perdonato perché il propulsore compensava questa carenza col pregio dell’affidabilità (cosa rara per quei tempi) per merito della sua concezione estremamente semplice e razionale. Nessun altro apparato della stessa classe, in termini di rapporto pesopotenza, era comunque disponibile o installabile se non attuando radicali e costose modifiche alla fusoliera. In alcune delle ultime serie vennero montati motori P.VII C.35, dotati di compressore monostadio che forniva un minore rendimento in quota mantenendo costante la pressione di alimentazione solo fino a 3500 m, ma a vantaggio di un incremento al suolo da 425 a 500 CV. Questa configurazione fu di gran lunga preferibile per le attività didattiche, ancorchè acrobatiche, in quanto normalmente svolte a bassa quota.
Dopo l’8 settembre 1943, il biplanino fu in carico al Gruppo Complementare Caccia (su 4 squadriglie) dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana, che lo assegnò alla Squadriglia Scuola Caccia di I periodo a Casabianca e all’unità gemella di II periodo che aveva sede a Venaria Reale.
Altri furono in dotazione ad unità operative come già era avvenuto anni prima nella Regia Aeronautica.

Ma le quantità più consistenti vennero requisite dai tedeschi per assegnarle alle loro scuole di pilotaggio disseminate in tutta Europa. Tra le unità didattiche tedesche che ebbero il Ro.41 in dotazione, vi furono le seguenti:

FFS (A) 2 (8)   di base a Luxeuil e a Strasburgo
FFS (A) 42    di base a Broitzen e Braunschweig
FFS (A/B) 14    di base a Klagenfurt e a Zirkle
FF(doppel)S(A) 3    di base a Guben
FF(doppel)S(A) 121   di base a Straubing e a Ergolding
FF(doppel)S(A) 125 di base a Fassberg e NeukuhrenElbing

Nessun esemplare risultò presente al Sud presso la Regia Aeronautica Cobelligerante, mentre cinque della ex A.N.R. superarono le vicende belliche; tre di essi erano giacenti per riparazioni alla Aero Caproni di Gardolo. Vari altri, incompleti, erano presso la Agusta. Dal 1942, la ditta di Cascina Costa era rimasta la sola responsabile della produzione del Ro.41 e durante la Repubblica Sociale ne aveva effettuato le riparazioni e le grandi revisioni. Per questo motivo esisteva in ditta una vasta quantità di componenti già pronte. Questo elemento fece sì che proprio al Ro.41, macchina obsoleta risalente al 1934, venisse destinato il primo ordine di fornitura del dopoguerra emesso dall’aviazione militare italiana. Il servizio prestato dal biplanino nell’Aeronautica Militare sarà oggetto di un articolo espressamente dedicato all’ argomento (vedi nota personale).

Note:  (8) FFS = Flugzeugfuhrerschule; A = I periodo; Doppel = a doppio comando.

In ordine di lettura  1 – 5 L’assegnazione del Ro.41 alle scuole militari della Regia Aeronautica costituì un vero e propriosalto di qualità nel settore del volo acrobatico perché integrava la dotazione del Breda 28 caratterizzato da un pilotaggio più difficile e addirittura pericoloso nell’esecuzione di certe manovre acrobatiche tra cui, in particolare, la vite piatta rovescia. Il nuovo apparecchio, tuttavia, benché migliore e di gradevole pilotaggio, non costituì un limite agli incidenti che costellarono la travagliata attività didattica della Regia Aeronautica. Qui alcuni monoposto in servizio presso le scuole di Foggia, di Ghedi, di Pescara e di Capua. Quest’ultima, destinata all’istruzione degli allievi ufficiali piloti dell’Accademia Aeronautica che aveva sede nella reggia di Caserta. 6 Sviluppato nel 1936, Il Ro.41B era la versione biposto in tandem a doppio comando dove l’allievo occupava di norma l’abitacolo anteriore. A questa variante venne interamente destinata la seconda commessa di 30 esemplari MM.3240-3269, le cui consegne iniziarono nel luglio 1937. Qui il terzo esemplare di produzione MM.3242.

In ordine di lettura  1 Il biposto MM.3792 in carico alla Scuola di Falconara. (Enrico Leproni), 2 Ultimi consigli dell’istruttore prima del decollo e gestualità caratteristiche per descrivere momenti e assetti del volo: scene di vita quotidiana nelle scuole di I e II periodo nel periodo bellico. 3 Un Ro.41B della Scuola di Pistoia; il posto dell’allievo era quello anteriore. (Francesco Ballista). 4 Il Capo del Governo in visita alla scuola di Falconara nella primavera del 1941, accompagnato dai generali Francesco Pricolo ed Eraldo Ilari. Il Duce si recava spesso in ispezione alle unità della Regia Aeronautica pilotando personalmente il suo SM.81 “Tartaruga” come in questo caso, dato che indossa il caschetto di volo. 5 Un Ro.41 monoposto a Campoformido nel 1939. 6-7 Dobbiaco, fine anni trenta. Ro.41 muniti di sci, di normale impiego nel periodo invernale sull’aeroporto più settentrionale d’Italia, alle falde delle Dolomiti. 8 L’immagine di questo biposto in servizio presso la Scuola di Frosinone evidenzia l’impossibilità
di collocare un secondo abitacolo nell’esatta corrispondenza del centro gravitazionale del velivolo (di norma situato al terzo anteriore della corda media alare) causa la particolare conformazione dell’ala superiore.

In ordine di lettura  1 – 4 Pochissimi furono quei piloti che nel corso del loro addestramento non annoverarono almeno una “scassata”: quasi una tappa obbligata nella perigliosa (specie in quell’epoca) carriera dell’aviatore. A farne le spese, quasi sempre il Ro.41, del quale esistono montagne di fotografie provenienti da ogni scuola che lo riprendono sull’attenti, cappottato, spiacciccato per terra o a pezzi. Qui alcune immagini emblematiche sulla “vita difficile” del biplanino.

In ordine di lettura  1 – 2 Due immagini di un biposto con insegne tedesche fotografato a Venegono il 29 marzo 1944. 3 Tra il ricco bottino requisito dai tedeschi nelle basi italiane dopo l’8 settembre 1943 vi furono numerosi addestratori I.M.A.M. che vennero in massima parte, come questo biposto, distribuiti alle scuole di volo della Luftwaffe. (Giorgio Apostolo). 4 Un Ro.41 con le insegne della Luftwaffe ripreso dopo un bombardamento a Torrettanel 1944. (Fondazione ISEC).

Descrizione tecnica

Il Ro.41 era un biplano monobiposto, monomotore, di struttura mista, con fusoliera e impennaggi in traliccio di tubi d’acciaio al cromomolibdeno. Le ali erano di formula sesquiplana con semiali superiori a gabbiano controventate da montanti tubolari a V. Centine e longheroni erano in legno. Il rivestimento delle ali, degli impennaggi e delle fiancate della fusoliera era in tela verniciata con emaillite; il rivestimento del fondo e del dorso della fusoliera era invece in lamiera di duralluminio. La cappottatura ad anello tipo “Magni” del motore era in lamiera di alluminio. Il carrello era fisso, a ruote indipendenti carenate, e con gambe di forza munite di ammortizzatori oleo elastici. Negli apparecchi successivi alla I serie le ruote erano dotate di freno. In quelli delle ultime serie (probabilmente dalla XIV) le carenature delle ruote vennero sostituite con parafanghi.

Apparato propulsore

Un motore radiale Piaggio P.VII C.45 a 7 cilindri raffreddati ad aria, sovralimentato da un compressore a due velocità (azionato da una leva situata alla destra del pilota), delle quali la prima manteneva costante la pressione di alimentazione fino a 1500 m e la seconda, da innestarsi alla quota di 3000 m, manteneva costante la pressione fino a 4500 m.
Potenza prevista al suolo: 425 cv, a 1500 m: 450 cv, a 4500: 390 cv.
Nelle ultime serie (probabilmente dalla XV) venne montato il P.VII C.35. munito di compressore monostadio che erogava al suolo una potenza di 500 cv.

Caratteristiche e prestazioni

Apertura alare: m 8,81
Apertura ala inferiore: m 6,38
Lunghezza: m 6,56 (6,90)
Altezza: m 2,65
Superficie portante totale: mq 19,15
Peso a vuoto: kg1010 (1028)
Carico utile: kg 225 (260)
Autonomia: km 330 (233)
Velocità max a 4000 m: km/h 322 (317)
Velocità min.a quota 0: km/h 115  (1100 giri), km/h 94  (1200 )
Tempo di salita a 1000 m: 1’32”
Tempo di salita a 3000 m: 3’47”
Tempo di salita a 5000 m: 7’34”

Sono riferite alla I serie armata e con motore Piaggio P.VII C.45.
I dati tra parentesi si riferiscono alla versione biposto, con lo stesso motore, disarmata.  Il monoposto da addestramento pesava a vuoto 994 kg e a pieno carico 1244 kg.

Armamento

Due mitragliatrici Breda SAFAT cal 7,7 mm fisse in caccia all’interno del muso, sparanti attraverso il disco dell’elica, con facoltà di tiro contemporaneo o singolo, ed opzione tra arma destra e arma sinistra con una dotazione di 850 colpi complessivi.

NOTA DELL’AUTORE: Nella prima stesura del presente articolo (Cfr.Storia Militare n.116 – Anno XI – maggio 2003 – Albertelli Edizioni Speciali Srl) avevo volutamente ridotto al minimo la parte relativa all’attività svolta dal Ro.41 nel dopoguerra sia per fare la felicità del compianto capo redattore Erminio Bagnasco sempre favorevole a lavori il più possibile brevi e concisi, sia per l’intenzione di scrivere un articolo espressamente dedicato a tale argomento, già in fase di elaborazione, arricchito da nuove inedite e importanti immagini operative del soggetto in esame, grazie anche alla collaborazione degli amici Francesco Ballista e Gianni Gambarini. Ulteriori ed imprescindibili ricerche erano da eseguirsi a Roma presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica Militare, ostacolo non facilmente superabile per chi risiede ad oltre 400 km di distanza e in presenza di gravi problemi di famiglia culminati con la scomparsa di mia moglie Enrica dopo lunga malattia nel 2014. Proprio mentre mi accingevo a riprendere le fila di questo studio ho ricevuto una richiesta di collaborazione dall’amico Claudio Carretta che, non sapendo nulla delle mie intenzioni, aveva a sua volta pianificato di scrivere un articolo sullo stesso argomento, avendo per sua iniziativa (e superando ostacoli maggiori dei miei) già consultato il citato Ufficio Storico ricavandone dati essenziali. E’ nata così la decisione su sua proposta (da me accettata senza riserve) di intraprendere a quattro mani questo lavoro, nell’interesse di un risultato più esauriente in merito a tale inedito argomento.

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